NUOVO PROTOCOLLO PER LA SICUREZZA E PROTOCOLLO PER LE VACCINAZIONI IN AZIENDA.
A distanza di un anno dall’ultimo, il 6 aprile 2021 è stato firmato il nuovo “Protocollo condiviso di aggiornamento delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus SARS-CoV-2/COVID-19 negli ambienti di lavoro” con l’obiettivo primario di coniugare la prosecuzione delle attività produttive con la garanzia di condizioni di salubrità e sicurezza negli ambienti di lavoro.
Dalla lettura del nuovo protocollo appare evidente come finalmente si faccia riferimento per la prima volta alla figura del Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione (RSPP), mai menzionata nel protocollo del 24 aprile 2020, e si rimarchi in più punti il ruolo fondamentale che ricopre il medico competente tuttavia il Protocollo non ha ribadito la necessità di elaborare un aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) in merito alla situazione pandemica in corso tenuto conto che , il DVR deve riguardare “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori” (art. 28, comma 1, D.Lgs. n. 81/2008 e successive modificazioni e integrazioni) e deve contenere, tra l’altro, “l’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati, nonché l’individuazione delle procedure per l’attuazione di tali misure” (art. 28, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008). La valutazione “deve essere rielaborata immediatamente in occasione di modifiche del processo produttivo o della organizzazione del lavoro significative ai fini della salute e sicurezza dei lavoratori” (art. 29, D.Lgs. n. 81/2008). Risulta quindi evidente che nel corso del 2020 in qualunque tipologia di azienda si sia manifestato un rischio biologico generico (non correlato alla mansione svolta) o sia stato modificato un rischio biologico per le mansioni svolte (attività sanitarie e similari) – tale da comportare cambiamenti in modo preponderante dell’organizzazione del lavoro, nonché l’introduzione di dispositivi di protezione individuale e collettivi – sia necessario procedere ad un aggiornamento della valutazione dei rischi.
Gli obblighi dell’azienda e dei lavoratori vengono sostanzialmente confermati dal Protocollo del 6 aprile 2021:
- A carico dell’azienda ci sono dei precisi obblighi di informazione. Il protocollo anticontagio deve essere portato a conoscenza di tutti i lavoratori, e il datore deve accertarsi che tutti ne abbiano compreso l’importanza;
- è fondamentale che il lavoratore sappia che ha l’obbligo di rimanere a casa in caso di febbre oltre 37,5° e che deve abbandonare i locali aziendali in caso di sopravvenienza di sintomi influenzali;
- Rimane ferma la possibilità del controllo della temperatura corporea prima di accedere ai locali aziendali.
Viene suggerito il massimo utilizzo dello smart working e l’adozione di una turnazione tale da evitare assembramenti e contatti creando “gruppi autonomi, distinti e riconoscibili” ai fini del tracciamento di un eventuale contagio.
Nella programmazione delle trasferte nazionali e internazionali, l’azienda dovrà valutare insieme al medico competente il contesto epidemiologico di destinazione.
Ulteriori indicazioni fornite dal protocollo riguardano le pulizie in azienda, l’obbligo di indossare adeguati DPI, il divieto di riunioni interne e la permanenza limitata allo stretto necessario nei locali comuni.
La novità principale del Protocollo di aggiornamento riguarda la riammissione del lavoratore dopo l’infezione da virus SARS-Co V-2/COVID-19 che dovrà avvenire secondo le modalità previste dalla normativa vigente (circ. Min. sal. del 12 ottobre 2020). I lavoratori positivi oltre il 21° giorno saranno riammessi al lavoro solo dopo la negativizzazione del tampone molecolare o antigenico effettuato in struttura accreditata o autorizzata dal servizio sanitario.
Sempre in data 6 aprile 2021 è stato siglato il “Protocollo nazionale per la realizzazione dei piani aziendali finalizzati all’attivazione di punti straordinari di vaccinazioni anti SARS-CoV-2/Covid-19 nei luoghi di lavoro”.
Questo protocollo, molto atteso dalle aziende, ha dato il via a protocolli operativi stipulati fra le parti sociali e gli ordini delle professioni sanitarie, la protezione civile e la CRI.
Le aziende sono impazienti di poter partire ma il via libera dovrebbe arrivare a fine maggio dando priorità ai centri vaccinali pubblici delle Regioni al fine di raggiungere un adeguato numero di vaccinati nelle fasce di età degli over 65. Secondo Confindustria, sul territorio sono oltre 7.500 le aziende che sono pronte a dare il loro contributo sul piano vaccinale.
In questa fase le aziende iniziano a valutare gli effettivi costi che si sobbarcheranno perché, se è vero che i costi dei vaccini e dei dispositivi necessari per la somministrazione e la messa a disposizione degli strumenti informativi per la registrazione delle vaccinazioni eseguite sono a carico del servizio sanitario, tutto il resto ricade sul datore di lavoro.
A titolo esemplificativo citiamo, tutte le attrezzature sanitarie, i frigoriferi medicali e i defibrillatori, ma anche i presidi sanitari necessari per effettuare le vaccinazioni in piena sicurezza, come prodotti per la sanificazione degli ambienti utilizzati, lettini medici, mascherine e guanti. Sarà a carico del datore di lavoro anche l’acquisto dei farmaci secondo le valutazioni effettuate dal medico competente.
In alternativa alla vaccinazione diretta, il Protocollo prevede la possibilità per i datori di lavoro di rivolgersi a strutture sanitarie private. A questo fine, le aziende che lo ritenessero potranno concludere, anche tramite le associazioni di categoria di riferimento o nell’ambito della bilateralità, una convenzione con le strutture sanitarie private in possesso dei requisiti per la vaccinazione, sempre, però, con oneri a proprio carico, a esclusione della fornitura dei vaccini, che resta a carico dei servizi sanitari regionali.
L’azienda potrà coinvolgere nel piano vaccinale non solo i lavoratori subordinati ma anche coloro che, a vario titolo, collaborano nell’interesse dell’impresa (lavoratori in appalto, somministrati, collaboratori, lavoratori autonomi).
Al di là dei costi vivi, nelle ipotesi in cui le vaccinazioni del personale avvengano durante l’orario di lavoro, i dipendenti andranno retribuiti normalmente, pertanto le eventuali ore di lavoro perse dal personale graveranno, anch’esse, sul datore di lavoro.
Va inoltre tenuto in debito conto che a seguito della somministrazione del vaccino possono manifestarsi stati febbrili con un incremento dei casi di malattia, sia pur di breve durata, che possono compromette anche l’organizzazione aziendale qualora la campagna di vaccinazione venga avviata in massa nella stessa giornata per tutta la popolazione di lavoratori.
Ad ogni modo, dovrà sempre essere l’azienda sanitaria a valutare l’idoneità o meno degli ambienti di lavoro in cui avverranno le vaccinazioni. Nel protocollo viene, infatti, chiarito che la vaccinazione nei luoghi di lavoro «rappresenta un’iniziativa di sanità pubblica, finalizzata alla tutela della salute della collettività e non attiene strettamente alla prevenzione nei luoghi di lavoro. Pertanto, la responsabilità generale e la supervisione dell’intero processo rimane in capo al Servizio sanitario regionale, per il tramite dell’Azienda sanitaria di riferimento», che verificherà, a tal fine, l’idoneità del punto vaccinale anche attraverso un sopralluogo.
I piani vaccinali predisposti dalle aziende dovranno, infine, essere proposti all’azienda sanitaria competente, che in base alla disponibilità di vaccini a livello regionale e alla regolarità del piano vaccinale presentato dal datore di lavoro, procederà all’autorizzazione.